Processo che il film spiega meglio nell'estremo rigore delle immagini, nella loro seducente armonia, che con le spiegazioni verbali dei personaggi. Nell'osservazione dei superiori, che predicano la dissimulazione in funzione dei risultati da raggiungere: un apprendistato all'amore e alla carità che diventa come un addestramento alla guerra, obbedire ad un ordine superiore, rinunciare ad essere se stessi. E, in definitiva, guardare al prossimo.

Gli spazi sono cosi affascinanti da sembrare eccessivi. Le ambizioni cosi sottolineate da arrischiare il sospetto del compiacimento. Esercizio di stile? Non proprio, poichè in un film che non è religioso l'esigenza di spiritualità è pure incontestabile. Poema visionario? In parte, perchè se la costruzione spaziale è impressionante, i tempi sono dilatati oltre il ragionevole; gli attori sono di una concentrazione straordinaria; ma le musiche affascinanti quanto ridondanti e le dissertazioni teologiche sinceramente lunari per i comuni mortali. Un film insolito, uno sguardo dal fascino insolente, indisponente, mai indifferente.